Oltre le macchine: come l’AI sta riscrivendo il futuro dell’industria manifatturiera

07/lug/2025

Alessandra Benedetti, a capo della funzione Digital Transformation&Business Remodeling di Scm Group, analizza le principali opportunità derivanti dall’evoluzione delle tecnologie digitali e le nuove priorità sia nei processi interni del Gruppo sia nella valorizzazione del rapporto con il cliente.

Oggi l’intelligenza artificiale è al centro del dibattito industriale. Come si affronta un tema così pervasivo in un contesto produttivo strutturato come quello di Scm Group?

Per Alessandra Benedetti, direttrice della funzione Digital Transformation&Business Remodeling del Gruppo, l’AI rappresenta “un punto di discontinuità profonda. Non è una tecnologia come le altre: l’AI ha la capacità di ridefinire non solo i processi, ma anche le logiche di creazione del valore. In questo senso, non parliamo solo di un’evoluzione tecnica, ma di una trasformazione culturale e strategica”.

Su quali leve si basa questa trasformazione nel Gruppo SCM?

“La nostra traiettoria di cambiamento si muove lungo due direttrici principali. La prima è la valorizzazione del rapporto con il cliente: oggi non basta più fornire un prodotto eccellente, serve affiancarlo con servizi evoluti, capaci di portare valore fuori dalla macchina, nella catena del valore del cliente. La seconda direttrice è l’adozione piena delle tecnologie digitali nei processi interni come leva abilitante e come acceleratore”.

Come descriverebbe la complessità dell’introduzione dell’AI?

“Introdurre l’AI significa affrontare almeno quattro livelli distinti di trasformazione:

1. Individuale – Serve un cambiamento nel mindset. In un’ottica outside-in, dobbiamo sprigionare la capacità imprenditoriale di tutte le persone coinvolte nell’ecosistema aziendale, interne ed esterne.

2. Team – Diventa fondamentale costruire team agili, cross-funzionali, in grado di prendere decisioni rapide e di autogestirsi in contesti incerti.

3. Culturale-organizzativo – Occorre far convivere unità organizzative che operano secondo logiche diverse: da un lato quelle più tradizionali e gerarchiche, dall’altro quelle dinamiche e orientate all’exploration. Abbiamo l’opportunità di sfruttare gli spazi operativi che può aprire l'utilizzo dell'AI sulle attività routinarie per orientare le unità organizzative tradizionali su approcci più dinamici ed esplorativi. Come dire che con la leva tecnologica dell'AI aziende come SCM possono crescere diventando "più piccole" nel senso di agili e innovative. Il vero collante diventerà la fiducia, e il modello di interazione dovrà fondarsi sul concetto di patto di lavoro.

4. Contesto esterno – Stiamo vivendo un’epoca di profonda riconfigurazione a livello globale. È necessario leggere l’AI anche alla luce di dinamiche geopolitiche, economiche e sociali che impongono nuove responsabilità a chi guida le organizzazioni”.

Ha definito questa trasformazione un lavoro di “tessitura continua”. Cosa intende?

“Intendo dire che l’adozione dell’AI non può essere ridotta a un tema tecnologico. È un processo che richiede la costruzione di nuove connessioni tra dati, persone, organizzazione e visione strategica. Gartner ci dice che circa il 30% dei progetti di GenAI viene abbandonato: spesso il problema non è nella tecnologia, ma nella mancanza di un contesto abilitante”.

Qual è, allora, il punto di partenza corretto?

“È sempre il cliente. Ogni iniziativa di AI deve nascere da un caso d’uso chiaro, con obiettivi economici ben definiti. Il ROI non è un tema secondario: chi riesce a scalare l’AI coerentemente con la propria strategia registra risultati significativamente migliori rispetto a chi si ferma all’esperienza di pilot”.

Sul piano tecnico, la gestione dei dati sembra essere un fattore critico.

“Lo è, assolutamente. L’AI è un problema di dati. I dati sono il punto di partenza e il vero elemento differenziante. Ma troppo spesso nelle nostre organizzazioni, la gestione dei dati è frammentata, schematica, “transazionale” e non centrata sull’utente. È necessario un cambio di paradigma: il dato deve essere trattato come una risorsa produttiva strategica, governata centralmente ma resa accessibile in modo distribuito”.

E per quanto riguarda le competenze e le persone?

“Dobbiamo uscire da una visione centrata esclusivamente su efficienza e controllo. Il Future of Jobs Report evidenzia competenze come pensiero analitico, creatività, resilienza, leadership diffusa, capacità di ascoltare e fare le domande giuste. È il momento di costruire nuovi modelli di leadership, più inclusivi e capaci di valorizzare il potenziale diffuso”.

Come cambia, in questo contesto, il ruolo delle partnership?

“Le aziende non possono più operare come sistemi chiusi. Scambiare dati con i vari attori presenti come fornitori nella fabbrica del cliente consente di offrire soluzioni integrate creando un flusso informativo unico su cui innestare la propria competenza di dominio, in risposta alla complessità del mondo “analogico”. Ma questo richiede la capacità di governare ecosistemi complessi, dove coesistono cooperazione e competizione. È un equilibrio delicato, ma necessario”.

In sintesi, si può ancora parlare di competitività industriale senza parlare di AI?

“Oggi, credo di no. La tecnologia ci obbliga ad aprirci e a ripensarci. E non possiamo affrontare queste sfide in solitaria. Solo cooperando, dentro e fuori i confini aziendali, potremo generare una crescita economica solida, sostenibile e inclusiva.

La trasformazione digitale, e in particolare l’intelligenza artificiale, ci pongono davanti a una scelta strategica. Non si tratta di adottare nuovi strumenti, ma di ridisegnare i presupposti stessi della competitività industriale.

Per le aziende manifatturiere, oggi è il momento di agire: non serve essere perfetti, ma serve iniziare, con lucidità, visione e capacità di orchestrare ecosistemi sempre più interdipendenti”.

Il futuro non si attende. Si costruisce. Insieme.

“Oggi non basta più fornire un prodotto eccellente, serve affiancarlo con servizi evoluti, capaci di portare valore fuori dalla macchina, nella catena del valore del cliente”.

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